Dopo decenni di silenzi, per non dire di snobismo sul mondo agricolo, salvo gli aspetti legati alla miriade di programmi televisivi dedicati all’arte culinaria ed al turismo enogastronomico, i principali media sembrano essersi accorti dell’agricoltura e del suo ruolo nella produzione di cibo e di cura dell’ambiente. La causa o le cause di questa attenzione ritrovata, come sempre, sono riconducibili a situazioni di crisi internazionali, all’aumento dei prezzi ed al timore di carestie e scarsità di cibo. Forse se ne parla, almeno dalle nostre parti, ancora con troppa sufficienza dimenticando il lavoro di centinaia di migliaia di aziende agricole ed il loro contributo all’agroalimentare nazionale e all’economia del paese a cui contribuisce con un export che supera i 52 miliardi di euro.  

La siccità dell’estate scorsa ed il suo perdurare nella prima parte di questo secco e mite autunno, con la diminuzione delle produzioni di cereali e di altri prodotti agricoli di prima necessità hanno destato l’interesse dell’opinione pubblica per il settore primario e per la produzione, non solo per la trasformazione, del cibo (oltre che per quella energetica).

Così, MiIena Gabanelli, in prima serata TV e sul principale quotidiano italiano, scopre il “cuneo salino”, risalito durante l’estate per 40 km nel letto del Po, mettendo a rischio la fertilità delle terre circostanti e attivando un processo di desertificazione irreversibile su 30mila ettari di terreno. Con la compromissione di raccolti di mais, grano, soia ed erba medica. Ancora ad inizio novembre a Pontelagoscuro la portata del Po era di 740 mc al secondo contro una media del periodo di 1.750 mc/secondo. 

Sono ed erano fatti noti agli addetti ai lavori: più volte i consorzi di bonifica, le associazioni agricole e gli assessori regionali all’agricoltura hanno lanciato il grido d’allarme, reiterato ancora in questi giorni da un editoriale di Francesco Vincenzi, presidente di Anbi (Associazione  nazionale delle bonifiche) su di una rivista specializzata di agricoltura. Vincenzi ricorda che secondo i meteorologi dal primo gennaio ad oggi in Italia è mancato il 52% delle piogge. Da una media di mille millimetri di pioggia annua siamo scesi a meno di cinquecento. Dice ancora Vincenzi:”La conseguenza logica è facile: o stiamo diventando un Paese a forte rischio desertificazione o, nel caso Giove Pluvio decidesse di recuperare il gap di precipitazioni, siamo di fronte ad un rischio idrogeologico potenzialmente drammatico”. Previsione puntualmente verificatasi come accaduto nelle Marche un paio di mesi fa e in questi giorni ad Ischia. “Entrambi gli scenari, prosegue Vincenzi, presupporrebbero un allarme collettivo, che invece non percepiamo, e un’accelerazione negli iter procedurali per opere urgenti che non vediamo”.

Interventi che vengono ricordati e ripresi anche dalla Gabanelli, che ricorda come: “Dal 2014 esiste un “Piano strategico nazionale per l’adattamento ai mutamenti climatici” pubblicato sul sito del Ministero dell’ambiente con indicate le tappe per mitigare i danni della siccità: costruire invasi per trattenere l’acqua piovana da utilizzare quando serve, riprogettare i canali di irrigazione moderni con meno perdite di esercizio, effettuare investimenti tecnologici in sistemi di irrigazione intelligenti, riprogrammare le coltivazioni in base alle risorse idriche disponibili”.  

Sono le stesse conclusioni a cui giunge il presidente Anbi, Francesco Vincenzi, ma che fino ad oggi hanno visto realizzati ben pochi di questi interventi. Ai quali secondo gli agricoltori occorre aggiungerne un’altro: la possibilità di mettere in campo e coltivare varietà innovative di piante, ortaggi e cereali, frutto della ricerca (New breeding technique) e particolarmente resistenti alla siccità. Varietà ormai ampiamente sdoganate da test scientifici a livello mondiale, approvate dai mass media, da gran parte della società e dalle organizzazioni degli agricoltori.  Ma la cui autorizzazione alla coltivazione almeno da noi ancora non viene concessa. Un po’ più di attenzione al mondo agricolo e meno alla gastronomia potrebbe essere utile.

 

Articolo a cura di Ildebrando Bonacini.