Secondo la FAO nel 2050 ci saranno oltre 9 miliardi di persone sulla Terra e il consumo di prodotti di origine
animale, in particolare di carne, continuerà a crescere, soprattutto in alcuni paesi in via di sviluppo in cui la
popolazione, grazie al il migliorando del reddito, si orienta progressivamente su alimenti di maggior valore.
Questo pone problemi enormi di sicurezza alimentare, ambientali e sociali. In questo quadro si colloca il
dibattito sulla carne sintetica, o carne coltivata o carne in vitro o qualunque altro nome si vorrà trovare per
indicare questo prodotto, da non confondere con gli hamburger o le cotolette vegetali, ottenuti da piante
coltivate, trattate per conferire consistenza, sapore e aspetto simili alla carne.
L’offerta dei produttori è molto allettante: un cibo di elevato valore biologico, sostenibile e senza
utilizzazione degli animali. Per questo l’attenzione è molto alta, almeno tra i grandi gruppi finanziari che vi
scorgono un enorme business e, ancora ben prima dell’entrata in produzione, si è accesa la disputa tra chi
vi intravvede una soluzione decisiva per affrontare il problema della fame nel mondo e chi invece ritiene
che si tratti di un grande business che servirà solo ad arricchire gli specialisti della finanza. Questa
innovazione va invece vista con attenzione per i problemi che pone e per le soluzioni che propone e il
cittadino deve essere informato su cosa è esattamente questo prodotto e se mantiene tutto ciò che
promette e, quando la troverà al supermercato o sulla rete, potrà scegliere senza farsi troppo influenzare
da suggestioni né di un senso né dell’altro. È, insomma, un altro esempio di come bisogna porsi di fronte a
delle novità senza farsi inibire da pregiudizi o farsi prendere da una moda. Soprattutto è importante che, in
tempi di invaghimenti ambientalistici, le decisioni politiche che potrebbero portare a milioni di euro di
investimento siano prese in modo avveduto.
Al momento la carne sintetica è commercializzata solo a Singapore e in Israele ed è lontana dalle nostre
tavole. Ma per quanto? È cosa dobbiamo sapere su di essa?
La produzione della carne sintetica parte dalla raccolta di cellule staminali ottenute con una biopsia su un
animale vivo. Queste cellule vengono incubate in un medium contenete nutrienti, ormoni e fattori di
crescita per moltiplicarsi e differenziarsi in cellule del tessuto muscolare o adiposo. Una volta conclusa
l’incubazione le cellule vengono collocate in ambiente controllato dove continua il processo di crescita.
Per moltiplicarsi le cellule devono appoggiarsi ad un supporto, che può essere di origine animale, vegetale o
di sintesi, a seconda della tecnologia adottata. Il cibo per le cellule è composto di idrolizzati di cereali e di
soia, che forniscono l’energia e gli amminoacidi. Vengono poi aggiunti ormoni e fattori di crescita.
Gli alimenti di origine animale, tra cui la carne, sono fondamentali per l’alimentazione dell’uomo, in
particolare nelle fasi di crescita perché forniscono proteine di alto valore biologico e nutrienti altamente
disponibili. Tuttavia, il consumo eccessivo di carne rossa non è consigliato a causa del contenuto di grassi
saturi e di emoglobina. In questo senso la carne sintetica è solo leggermente migliore, perché il contenuto
di emoglobina è comunque elevato per dare il colore rosso tipico della carne. La carne sintetica viene
presentato come un alimento più sano della carne, perché è ottenuta in ambiente controllato e il rischio di
contaminazione con agenti patogeni è molto inferiore, anche se non può essere escluso in assoluto. Inoltre,
non essendoci la necessità di allevare numerosi animali in spazi ristretti, è minore il rischio della diffusione

di malattie infettive trasmissibili all’uomo. Una preoccupazione che dovrà essere fugata è invece quella che
l’intenso processo di proliferazione cellulare possa dare origine a episodi di alterazione, come quelli delle
cellule tumorali. Inoltre, non può essere escluso in assoluto l’uso di antibiotici in caso di contaminazioni che
possono comunque avvenire.
I grassi necessari per arricchire la carne sintetica possono essere scelti per renderla più sana, fornendola di
acidi grassi polinsaturi e omega-3. Non è invece ancora ben chiaro se le vitamine e i micronutrienti, come la
B12 ed il ferro, aggiunti alla carne sintetica abbiano la stessa efficacia per la salute dell’uomo come quelli
della carne prodotta normalmente.
Sotto il profilo ambientale i produttori di carne sintetica sottolineano che questa, rispetto alla carne
ottenuta con gli animali, causi minori emissioni di gas ad effetto serra, richieda meno acqua e comporti un
minor consumo di suolo. Questo è ipoteticamente vero per i ruminanti, non per i suini, per i polli e neppure
per i bovini che provengono dagli allevamenti da latte. Inoltre, visto che le emissioni sono dovute
soprattutto al consumo di energia necessaria per mantenere la temperatura dell’incubatore e del reattore,
l’adozione di fonti di energia rinnovabile dovrebbe ridurre ulteriormente l’impronta di carbonio, ossia
l’emissione di gas serra per chilogrammo di prodotto. Questa visione è però limitata. Gli animali hanno un
ruolo importante, non solo perché i ruminanti possono utilizzare alimenti non edibili per l’uomo e il loro
allevamento è l’unico modo per utilizzare vaste aree del mondo, ma anche perché restituiscono sostanza
organica al terreno mantenendone la fertilità.
La questione del nome è importante e, infatti, ben prima dell’entrata in commercio, la disputa si è già
aperta. Carne coltivata è sicuramente più accattivante e rassicurante di carne sintetica. Ma la questione
fondamentale è: la si può chiamare carne, qualunque aggettivo la accompagni? Secondo molti, e secondo
anche alcune sentenze di alcuni tribunali, no. La produzione di carne sintetica è un’innovazione di prodotto,
non di processo, e la carne ha già definizioni precise. Secondo la legislazione europea, ad esempio, la carne
è muscolo scheletrico che comprende anche tessuto adiposo interno ed esterno e tessuto connettivo. La
carne sintetica si differenza dalla carne normale per vari aspetti. Non è ottenuta da un animale, ma è
prodotta in un’industria; non rappresenta la complessità dei tagli ottenibili da una mezzena; soprattutto,
almeno per ora, le sue componenti non sono tutte di origine animale. Il supporto per la crescita e i grassi
aggiunti possono avere origine diversa sia vegetale sia di sintesi.
Un’accusa che viene mossa alla carne sintetica, e che assomiglia un po’ a quella che viene rivolta ai
produttori di sementi OGM, è che, data l’estrema sofisticazione (intesa in senso positivo) del processo di
produzione, sono necessari investimenti molto elevati. E sono pochi i soggetti che li possono sostenere e,
visto che l’economia di scala può far aumentare i profitti, c’è il pericolo che si formi un monopolio o un
oligopolio in grado di condizionare la produzione ed il commercio di un alimento essenziale. A ciò si
aggiunge il fatto che su questo prodotto gravano numerosi brevetti, riguardanti tutte le fasi del processo,
ed anche una buona dose di segreto industriale che rendono difficili sia l’entrata di nuovi produttori sia i
controlli.
I problemi che dovremo affrontare nei prossimi anni saranno tanti e complessi. Tutti dovremo attrezzarci
per fare a tutti i livelli le scelte più razionali.

 

Articolo a cura di Giacomo Pirlo, ricercatore associato del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA),
Centro di Ricerca Zootecnia e Acquacoltura.

 

 

Bibliografia consigliata

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